Figli che rifiutano di incontrare un genitore. Analisi del fenomeno e strategie d’intervento

Il fenomeno, sempre più ricorrente nelle cause di separazione, di figli che rifiutano di avere contatti con uno dei genitori, è di grande rilevanza in ambito psicologico-forense non solo perché viene ad intaccare un principio cardine del diritto di famiglia – il principio del diritto del figlio alla bigenitorialità – ma soprattutto per i suoi esiti psicopatologici a danno del minore.

La rottura del legame di attaccamento che si viene a determinare con il rifiuto, espone infatti il bambino al rischio di sviluppare, in età adulta, patologie psichiche come depressione, paranoia, psicopatia.

L’inserimento degli ostacoli al diritto del minore alla bigenitorialità tra i danni alla persona nelle recenti Linee Guida della Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni (SIMLA, Linee guida per la valutazione medico-legale del danno alla persona in ambito civilistico, Giuffrè Editore, Milano 2016; cfr. il par. Ostacoli al diritto di visita e al diritto del minore alla bigenitorialità, p. 89 ) è un ulteriore riconoscimento della gravità del fenomeno dell’Alienazione Parentale e della sua significatività nel quadro della tutela della salute psichica dei minori.

Come ha ben rilevato la recente sentenza della Corte di Cassazione (Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 16 febbraio – 8 aprile 2016, n. 6919 – Presidente Di Palma – Relatore Lamorgese), poco importa se il fenomeno dell’Alienazione Parentale è inquadrabile o meno come malattia nella nomenclatura dei disturbi psichici: “in tema di affidamento di figli minori, – si legge nella sentenza della Suprema Corte  – qualora un genitore denunci comportamenti dell’altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una PAS (sindrome di alienazione parentale), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità in fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena”.

Se, sul piano giuridico, la sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito che, in casi di questo genere, ciò che è rilevante è il fatto che il minore venga privato del suo diritto alla bigenitorialità, sul piano psicologico si può affermare con il Prof. Camerini che, pur non potendo essere considerato un disturbo secondo la classificazione del DSM-5, l’Alienazione Parentale è tuttavia un grave fattore di rischio per la salute psichica del bambino.

Così come – ha proseguito il Prof. Camerini nel suo intervento al recente Convegno che si è svolto a Firenze il 5 maggio scorso dal titolo: Figli che rifiutano di incontrare i genitori. Analisi del fenomeno e strategie di intervento – nessuno si sogna di negare l’esistenza e la gravità dell’abuso infantile o del maltrattamento, pur non esistendo nel DSM-5 corrispondenti disturbi psichici (un “Disturbo da Abuso Sessuale” o un “Disturbo da Maltrattamento”), allo stesso modo non si può negare l’esistenza dell’Alienazione Parentale e la sua pericolosità per la salute mentale del bambino.

Accanto a queste importanti conclusioni sul piano psico-giuridico che pongono fine ad ogni sterile discussione sull’esistenza o meno di una “Sindrome da Alienazione Parentale (PAS)”, il Convegno di Firenze ha evidenziato la necessità di un’adeguata analisi del fenomeno del rifiuto del bambino e di strategie di intervento specifiche, a seconda che esso sia motivato da un trauma subito da parte del genitore rifiutato (Alienazione Parentale Traumatica), da un conflitto relazionale con lui (Alienazione Parentale Relazionale) oppure sia indotto nel figlio dall’altro genitore (Alienazione Parentale Indotta).

Compito del Giudice, ha chiarito il Giudice Prodomo (Presidente della I° Sez. del Tribunale Civile di Firenze) riprendendo il recente pronunciamento della Corte Suprema, sarà di verificare se uno dei genitori ha messo in atto comportamenti tesi a ledere il diritto del minore alla bigenitorialità ed intervenire per la sua tutela.

Anche se rimane ancora molta strada da fare per comprendere più a fondo il fenomeno del rifiuto e per intervenire adeguatamente al fine di evitare che la rottura del legame affettivo con un genitore diventi irrimediabile, al Convegno di Firenze una strada è stata tracciata con chiarezza. E non è un risultato da poco.

Dr. Armando Ceccarelli

Presidente Istituto di Psicologia Forense – IPF

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